La produzione di manufatti metallici tramite colata in stampo è una tecnologia preistorica che appare relativamente tardi rispetto ad altre tecniche di lavorazione degli stessi. Le radici dello sviluppo del processo di colata affondano in un tipo di primitive tecnologie basate sull’uso del fuoco dette “pirotecnologie Wertime” tra cui si ricordano il trattamento termico del materiale litoide allo scopo di renderlo più lavorabile, come la trasformazione della calce in intonaco e la cottura dell’argilla per la produzione di terrecotte.
I primi ritrovati metallici, databili attorno al 10000 a.C., sembrano essere stati prodotti per lavorazione a freddo e non per colata.
Si tratta in genere di piccoli ciondoli decorativi, sagomati per martellatura a partire da rame nativo, fino ad ottenere lamine sottili o piccoli oggetti tubolari. Questo tipo di lavorazione è databile attorno al periodo neolitico, in particolare nel cosiddetto “neolitico aceramico”, cioè prima della comparsa di manufatti ceramici. I metalli, nel periodo appena citato, non erano riconosciuti come tali, ma assimilati alle pietre pertanto subivano quei trattamenti considerati utili per tale classe di materiali. A conferma di quanto esposto vi è l’analisi microstrutturale di alcuni manufatti che ha rivelato la presenza di un primo trattamento di ricottura applicato ai monili; purtroppo indagini più accurate sono ostacolate dal fatto che si è sempre molto restii ad effettuare controlli distruttivi su reperti rari e di interesse archeologico.
L’uso di metalli colati non si riesce a datare con precisione, tuttavia gli archeologi sono concordi nel collocare nell’età del Bronzo, cioè tra il 5000 e il 3000 a.C., la piena padronanza di questa tecnologia.
I metodi di produzione del calore del tempo erano piuttosto rudimentali; il combustibile normalmente utilizzato era carbone di legna e, con fornaci artigianali, in cui si cercava di ottenere il massimo isolamento termico per raggiungere le temperature necessarie alla fusione (circa 1150°-1200°C). Al contrario, dato che l’arte di scolpire la pietra è molto antecedente alle pirotecnologie, gli stampi riuscivano ad essere molto dettagliati (fig.1). Grazie alle loro caratteristiche refrattarie le pietre più utilizzate erano in genere steatite o andesite.
Primi e sporadici esempi dell’uso metallurgico del rame, materiale base per la successiva produzione del bronzo, compaiono nel V millennio (Vara, Bulgaria, 4400 a. C); l’innovazione legata al suo sfruttamento, fu probabilmente favorita dalla vistosità dei giacimenti di tale metallo nativo, dai vivaci colori dei prodotti di alterazione superficiali delle vene affioranti di minerali quali il rosso degli ossidi(cuprite), il verde (malachite) e l’azzurro (azzurrite) dei carbonati. L’uomo procedeva alla raccolta del metallo quando se ne verificava l’affioramento in superficie in seguito all’azione dei torrenti, apprendendo ben presto che anche le acque colorate alle sorgenti erano indice della presenza di minerali che dilavati, passavano in soluzione.
Tecnologicamente il rame, essendo un metallo tenero e malleabile, è disadatto a molte funzioni pertanto nei tempi antichi, non poteva competere con materiali comuni duri come la pietra levigata, la selce o l’ossidiana, quindi acquistò il suo primo valore se indossato quale oggetto di prestigio o distintivo di status sociale elevato.
I primi bronzi “standard”(ove per bronzo “standard” si intende una lega che abbia il rame come costituente maggioritario), che si diffusero in Europa, nelle isole britanniche e nel vicino Oriente, hanno lucentezza argentea e sono leghe Cu-As con contenuto del secondo fino al 4% in peso; il colore tipico è dovuto alla segregazione superficiale di una fase ricca in arsenico. L’uso dello stagno, in tenore compreso tra il 5% e il 10%, comportò un notevole salto di qualità nella produzione della lega in quanto, permise di abbassarne il punto di fusione, incrementarne le caratteristiche meccaniche, migliorare la finitura superficiale dei pezzi prodotti e, soprattutto nel caso dei caso di bronzi artistici, di incrementare la fedeltà nella riproduzione di particolari dello stampo. Furono proprio i primi artigiani metallurgisti del rame a scoprire che estraendo il metallo da minerali diversi era possibile ottenere un prodotto (lega) più duro del solo rame e più idoneo ad armi e strumenti di lavoro di maggiore durata e più efficienti nel taglio.
Diverse teorie esistono sulla produzione delle leghe Cu-Sn: alcuni studiosi sostengono che i bronzi fossero fusi a partire dalla cosiddetta “lega naturale”[1] cioè un minerale contenente naturalmente entrambe gli elementi, altri sostengono che lo stagno fosse aggiunto come cassiterite minerale al rame fuso sfruttando l’ambiente riducente del forno fusorio. Geologicamente e geograficamente, rame e stagno, si trovano molto raramente concentrati insieme: produrre leghe significava fondere metalli di provenienza diversa pertanto, per mettere a frutto una vera e propria metodologia tecnologicamente dominata, si doveva presupporre un’organizzazione logistica complessa capace di supportare un materiale nuovo, non ottenuto per semplice trasformazione di materie prime naturali (come il rame per fusione o la terracotta per cottura), ma per miscelazione, fusione e forgiatura di metalli diversi. Merita un accenno il fatto che il riciclo dei materiali è stato fin dall’inizio pratica comune in quanto manufatti di rame e bronzo usati o deteriorati venivano regolarmente fusi e riutilizzati in nuove forme.
Alla lega di rame e stagno si aggiungevano talora piombo o zinco in tenori fino al 20-30%, ne sono un esempio i bronzi ad elevato tenore di piombo dei dischi da getto usati come proiettili dalle donne delle comunità agricole e pastorali nell’Italia Meridionale fra il IX e VIII sec. a.C.
Anche in “Naturalis Historia” di Plinio [2] si trovano riferimenti alla composizione delle leghe usate nell’antichità:
“…(rame Campano), il preferito per i recipienti di uso corrente… si fa fondere il rame nel fuoco non di carbone, ma di legna, e lo si purifica con un setaccio di quercia, dopo averlo immerso in acqua fredda; quindi lo si fa fondere più volte nello stesso modo e si aggiungono alla fine dieci libbre di piombo argentario di Spagna per cento di rame. In questa maniera si ammorbidisce e prende quel colore piacevoleche in altre specie di rame imitano trattandolo con olio e sale. Si fabbrica un genere simile a quello Campano in molte regioni d’Italia e in molte province, ma aggiungono otto libbre di piombo per cento di rame e le altre fusioni le fanno nel fuoco di carbone a causa della scarsità di legno. Quale differenza di qualità ne derivi lo si avverte soprattutto in Gallia dove si fa fondere il rame tra pietre incandescenti; infatti questo sistema di fusione lo brucia e lo rende nero e fragile. Inoltre lo rifondono solo una volta, mentre il ripetere più volte l’operazione giova moltissimo alla qualità del prodotto. … Ecco la lega di cui ci si serve per fabbricare le statue così come i tavoli: in primo luogo si fonde il lingotto di metallo, quindi si aggiunge, nella fusione, una terza parte del rame di recupero, cioè del rame messo insieme dopo che è fuori uso. Questo rame ha una mitezza particolare, conferitagli dallo strofinamento che lo ha domato e dall’uso di lucidarlo che lo ha, per così dire, addolcito. Si aggiungono ancora dodici libbre e mezzo di piombo argentario per cento di metallo fuso.
Inoltre si definisce rame per stampi una lega di rame molto duttile in quanto si aggiunge una decima parte di piombo nero ed una ventesima di piombo argentario; è in questo modo che prende al meglio il colore chiamato grecanico. L’ultima lega è quella che si definisce rame per pentole e prende il nome appunto dal tipo di recipiente con esso fabbricato, dopo che in esso sono state aggiunte tre o quattro libbre di piombo argentario per cento di rame…”
(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, libro 34, paragrafo 95 e seguenti)
Ritrovamenti di stampi coperti o “bivalvici” costituiti da due parti sovrapposte atti a produrre oggetti simmetrici quali spade ed asce sono risalenti all’età del bronzo, i bordi delle armi venivano poi trattati meccanicamente allo scopo di ottenerne un indurimento. Recenti prove di laboratorio [3] hanno dimostrato che la colata è effettivamente migliore se lo stampo viene coperto dopo essere stato riempito con il fuso. Reperti risalenti al primo secolo a.C., provenienti dal sito di Gussage All Saints nelle isole britanniche, testimoniano tecniche evolute nel processo di colata quali l’uso di crogioli e stampi.
Importanti ritrovamenti sono a testimonianza che la tecnica della cera persa era il principale metodo usato nel lontano Oriente, specie in Cina e in Thailandia: alcuni vasi rituali datati attorno al 500 a.C. mostrano forma molto complessa il che dimostra grande padronanza nell’arte della colata in stampi, idonee conclusioni si traggono dall’analisi di alcuni reperti, in particolare sostegni per calderoni, in cui il bronzo veniva colato attorno ad un’anima di terracotta. [4].
Di particolare interesse risulta il metodo usato dai cinesi: intorno ad un modello (generalmente in ceramica) si spalmava dell’argilla che una volta solidificatasi doveva fungere da stampo ed essere rimossa in un secondo tempo. Le sezioni ottenute, erano poi riassemblate intorno ad un nucleo, il bronzo fuso veniva colato esattamente nel vuoto tra gli stampi in argilla e il nucleo.
In Sud America invece compare l’utilizzo di una particolare lega, chiamata “tumbaga”, costituita da oro, argento e rame. Dopo avere colato l’oggetto in uno stampo a cera persa, questo veniva immerso in una soluzione corrosiva che scioglieva argento e rame, aumentando il tenore superficiale di oro che conferiva il colore caratteristico al manufatto [5].
In Africa la colata compare in Ghana per oggetti in ottone o oro. La tecnica consisteva nel rivestire sia il crogiolo che lo stampo, quindi una parte del rivestimento veniva riscaldata fino alla temperatura necessaria, mentre l’altra veniva preriscaldata a temperature minori, pronta a ricevere il metallo al capovolgimento della struttura (fig.2).
Risulta quindi evidente dagli esempi che la tecnica della colata è di fondamentale importanza nella storia della metallurgia e il fatto che si sia sviluppata indipendentemente in diverse zone del mondo la elegge a tecnologia “regina” per la produzione di pezzi di forma voluta a partire da metallo fuso.